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Per questa settimana abbiamo scelto una di quelle notizie che ci rendono veramente felici: il Museo Nazionale Etrusco Villa Giulia ha avviato un bellissimo progetto, cioè un nuovo restauro della Latona di Portonaccio a Veio. Il lavoro sarà possibile grazie ad un finanziamento di circa 28 mila euro da parte dello studio legale Carbonetti e Associati. Un comportamento virtuoso da parte dello studio legale, ma anche da parte del museo che ha avviato questo connubio tra pubblico e privato che, non vi sembrerà vero, ma non sempre è così semplice da stringere.

Latona nel mito

Latona è una figura della mitologia greca, passata poi nel mondo etrusco e romano grazie al fenomeno del sincretismo religioso, cioè l’incontro tra culture e l’assorbimento di elementi, in questo caso nella sfera sacra. Ma andiamo nel particolare. Latona, Leto in greco antico, fu una delle vittime del fascino di Zeus. Incinta del re degli dei fu costretta a peregrinare per il mondo: tutti, anche il marito ovviamente, avevano paura dell’ira funesta di Era tradita per l’ennesima volta e così nessuno voleva accettare di ospitare Latona per il momento del parto. A rendere ancor più grave la situazione, il terribile serpente Pitone la inseguiva. Alla fine riuscì a trovare un posto, l’isola di Delo nel mare Egeo. Qui diede alla luce i due gemelli divini, Apollo e Artemide (in latino Apollo e Diana, in etrusco Aplu e Artume).

Veio

La statua che verrà restaurata, come sicuramente avrete abbondantemente letto, faceva parte della decorazione acroteriale del tempio di Menerva del santuario di Portonaccio a Veio. Questa città oggi non è più esistente, ma è stata largamente indagata negli anni, quindi se ne possono dare i confini. Il Parco Archeologico, che comprende abitato, santuari e necropoli, è un lungo “triangolone” irregolare che si snoda tra Campagnano e Roma Nord; ricordiamoci sempre che nelle narrazioni su Porsenna, il crudele re etrusco (ovviamente visto dalla letteratura romana, io lo trovo un dolcetto!) amava infastidire i suoi nemici dal Gianicolo, allora terra etrusca, come gran parte della sponda sinistra del Tevere. Veio è quindi la città etrusca più vicina a Roma e non è un caso che fu la prima ad entrare in conflitto con la futura Urbe (le prime battaglie risalgono all’VIII secolo a.C. per il controllo delle saline). I primi segni della città iniziano come per la maggior parte dei centri etruschi a partire dalle fasi recenti dell’età del Ferro (periodo villanoviano) ed ebbe poi una fioritura importante. È da annoverare tra le metropoli insieme a Cerveteri, Tarquinia, Vulci … Fu particolarmente famosa per quanto riguarda l’arte coroplastica, se le fonti ubicano qui il leggendario (?) Vulca, l’artista di epoca arcaica che avrebbe creato la statua di Giove Capitolino per il tempio omonimo che si trovava sul colle di Roma. La sua fine è narrata sul modello della guerra di Troia: dieci anni di logorante assedio e alla fine l’eroe romano Furio Camillo nel 396 a.C. riuscì a penetrare le mura (leggenda vuole grazie al tradimento da parte di uno degli abitanti o scavando un tunnel sotto le mura). Prese Veio e la sua protettrice, Giunone Regina (ancora oggi il tempio non è stato rinvenuto), che venne portata a Roma e posta trionfalmente sull’Aventino. Questo ce lo racconta in modo solenne Tito Livio, ma neanche a dirlo, era di parte. La chiama però anche “pulcherrima urbs” ( il ruffiano!), così bella che Augusto, all’interno della sua politica di recupero di tradizioni ed origini, la rifondò nel I secolo con il nome di Municipium Augustum Veiens che ovviamente non raggiunse mai più lo splendore dell’antica metropoli etrusca.

Il Santuario di Portonaccio e Il tempio di Menerva

Il Santuario di Portonaccio è uno dei più importanti della città di Veio e tra i più famosi dell’intera Etruria. Si tratta di un santuario suburbano, cioè uno di quelli a poca distanza dalle mura, considerati un primo incontro con il mondo esterno, in cui non di rado avvenivano rituali importanti di entrata e d’uscita, almeno in epoche remote. Un elemento tipico è la loro convergenze presso luoghi naturalisticamente evidenti, nel nostro caso la presenza di acque con particolari virtù; non a caso al Portonaccio i culti erano di tipo salutare, oltre che oracolare.

Fu rinvenuto nel 1914 dal Gabrici a partire dal copioso materiale che si ritrovava ai piedi del pianoro su cui effettivamente era il luogo sacro. Questa situazione, per altro molto frequente, era dovuta allo scivolamento per erosione. Lo scavo proseguì sotto la guida di nomi illustri: Giglioli, Stefani, Pallottino, Santangelo. Il complesso è composto da più elementi; una cosa interessante è la presenza di piscina, utilizzata per abluzioni cerimoniali che servivano per la purificazione e probabilmente anche a curare il corpo per le virtù delle acque di cui abbiamo detto sopra.

Nonostante le fasi inizino già in epoca arcaica, quella che interessa a noi è quella del 500 a.C. circa. A questa appartengono le grandiose opere coroplastiche che furono rinvenute sepolte in seguito alla presa della città ed alla distruzione del tempio da parte dei Romani nel IV secolo a.C.; il “cugini della sponda destra” avevano infatti come abitudine rispettare le divinità dei nemici come atto di pietas (e anche per evitare l’ira divina); per questo mettevano in atto delle ritualità particolari quando distruggevano i luoghi sacri.

Ma veniamo alla Latona: insieme al più famoso Apollo ed Ercole con la cerva cerinite avrebbe fatto parte del kalypter eghemon (la decorazione sul colmo del tetto) del tempio cosiddetto di Menerva. Le statue si trovano tutte raccolte in una sala del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, a cui si aggiungono i frammenti di un Mercurio (Turms in etrusco, che probabilmente era anch’esso sul tetto), la Gorgone e parte della decorazione della copertura. Non si sa con precisione se la decorazione sommitale si fermasse a queste figure, anche se si pensa alla presenza di un Pitone, visto che la Latona è in atto di fuggire con il figlioletto in braccio. Visto il ciclo legato ad Apollo inizialmente si pensava che il tempio fosse dedicato a questo dio, ma poi si è compreso che la dea principale era invece Menerva a cui molto probabilmente si affiancava Apollo, ancora non sappiamo secondo quale legame mitologico.

Pulcherrima” conclusione

La Latona, rinvenuta completamente frammentaria, fu subito restaurata per essere esposta. Ad oggi ci si è resi conto che ci sono alcuni errori nella ricostruzione, come ad esempio la mascella troppo pronunciata, il collo troppo lungo e la capigliatura un po’ sgraziata. A fare i nuovi lavori ci penserà Sante Guido, il restauratore che ha già operato magistralmente sul gruppo di Apollo e Ercole e sarà coordinato da Miriam Lamonaca e siamo sicuri del risultato grandioso. Nelle interviste che trovate gli specialisti spiegano con precisione che il restauro avverrà secondo i metodi più moderni e sarà realizzata preventivamente la digitalizzazione di precisione. La cosa che rende la notizia veramente “pulcherrima”? Ce la dice un soddisfatto Valentino Nizzo, direttore del museo: chiunque sia interessato potrà seguire i lavori di restauro semplicemente visitando Villa Giulia, perché avverrà nella sala in cui l’opera si trova tutt’ora. Un’ulteriore conferma della capacità di aprirsi a tutti da parte del museo, con iniziative che sappiano veramente coinvolgere il pubblico. Che dire? Bravissimi come sempre e in bocca al lupo per questa meravigliosa iniziativa!

Benedetta Cosimi

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